Arte e Fede,
Anno XXIII - N.42
(INFORMAZIONI UCAI - Quadrimestrale di Arte e Cultura)
settembre - dicembre 2011 (pag.51):
INTERVISTA AL NOTO COMPOSITORE SERGIO CALLIGARIS
Non è vero.
La musica classica
non è per pochi eletti
di Alessandra Pompili
Sergio Calligaris è uno dei compositori contemporanei più eseguiti nelle sale da
concerto. Opere come Il Quaderno pianistico di Renzo op. 7 per pianoforte solo o le Due
danze concertanti op. 22 e le Scene coreografiche op. 30 (per due pianoforti o pianoforte
a quattro mani) sono da anni entrate nel repertorio di numerosi musicisti e proposte con
regolarità da emittenti radiofoniche dei cinque continenti. Se l'incontro tra la musica
di Calligaris ed i suoi esecutori è sempre stato felice, altrettanto si deve rimarcare
del consenso che essa riscuote presso il pubblico; un consenso, forse, non così scontato.
Le composizioni di Calligaris infatti, pur rigettando soluzioni sperimentali (gli
strumenti non sono mai preparati, gli organici da camera sono tradizionali ma non ovvi, le
forme strutturali sono pienamente rispettate) spesso si iscrivono fermamente nell'ambito
dell'atonalità. Lasceremo però alla voce del Maestro approfondire sia la tematica
relativa alla tecnica compositiva sia quella più propriamente attinente alla musica
sacra.
Lintervista che segue vuole infatti offrire una panoramica di quattro creazioni (Ave
Maria op. 8, Requiem op. 17, Ave Verum op. 42, Panis Angelicus op. 47) che rappresentano,
con sfumature diverse, momenti fondamentali del suo rapporto con la fede cattolica. È
infatti da questo connubio fra ispirazione puntuale (quasi una domanda spontanea dinanzi
agli eventi della vita) e struttura compositiva che discende probabilmente l'aspetto più
affascinante dei lavori sacri di Calligaris.
Maestro, vuole tratteggiarci le caratteristiche fondamentali delle sue composizioni
d'ispirazione religiosa?
Dal punto di vista pre-compositivo, direi la relazione con la committenza e con la
funzione liturgica. Entrambi gli elementi sono estranei alle mie composizioni sacre: il
primo perché le quattro opere sono frutto di precisa ispirazione, il secondo perché esse
non sono pensate di sostegno alla liturgia.
Alcuni eventi hanno avuto, nella mia vita, un'incidenza tale da spingermi a voler dar voce
allemozione tramite la musica - tanto che talune caratteristiche compositive delle
mie opere divengono ancora più comprensibili alla luce di quei particolari eventi. Mi
spiego meglio. La scomparsa di mia madre, da cui l'ispirazione per il Requiem op. 17, fu
un avvenimento atroce. Il Requiem è dunque un lavoro di grandi contrasti drammatici che
richiede agli esecutori una padronanza assoluta, direi virtuosistica, del proprio
strumento. Da questa drammaticità si innalza però, disteso e trasparente, il movimento
finale In Paradisum: una chiusura forse inconsueta per molti ascoltatori, ma
di particolare significato per me. Alla stessa maniera del Requiem di Gabriel Fauré,
anch'esso composto in memoria della madre e caratterizzato da una conclusione colma di
speranza, In Paradisum è concepito come un augurio di luce e pace per
lanima di mia madre. Lo stesso principio contraddistingue l'Ave Verum op. 42,
scritto in memoria della prematura scomparsa del figlio di una coppia di amici: la strofa
del Benedictus, conclusiva dell'opera, è infatti un adagio mistico che vuole
augurare la serenità del riposo eterno. L'atmosfera rarefatta del finale dellAve
Verum torna, ma con una sfumatura completamente diversa, in quello del Panis Angelicus. Il
Panis Angelicus op. 47 è dedicato A Sua Santità Benedetto XVI, con devota
ammirazione, nellanno dellEucarestia 2005 e viene qui musicata, per la
prima volta, anche la seconda strofa dellinno (Te trina Deitas / unaque
poscimus....). Questa conclude con la preghiera, rivolta alla Santissima Trinità,
di condurci ad lucem quam inhabitas, ossia alla luce senza fine. Talmente intensa
risuonava in me questinvocazione che, sebbene lintero lavoro abbia avuto una
genesi particolarmente sofferta, il finale è stato scritto prima di tutto il resto!
Infine lAve Maria op. 8, inizialmente concepita contestualmente a Il Quaderno
pianistico di Renzo e poi pubblicata separatamente, è ispirata allimmagine della
Madonna nella chiesa di Santa Maria delle Fratte in Roma. La scrittura pianistica desidera
qui rievocare la diafana purezza di quellimmagine, ed infatti la partitura è
costruita su una melodia incastonata nel registro centrale e circondata da armonie
ovattate. Caso unico nella mia produzione, dispirazione religiosa e non,
nellAve Maria non esistono mai sovrapposizioni fra melodia ed armonia: la scrittura
è esclusivamente per note alterne. Limpianto strutturale e la tessitura delle mie
opere sacre, in conclusione, hanno legami profondissimi con lesperienza creativa e
con gli eventi che di quellesperienza sono alla radice.
Per quanto riguarda il rapporto con la liturgia, le mie composizioni non sono strettamente
complementari al rito. Possono certo essere inserite allinterno di questo, ma non
nascono in unottica ad esso funzionale. Unulteriore complicazione è data
dalla complessità delle partiture, che rende inevitabile il ricorso a musicisti
professionisti di ottimo livello. Devo infine confessare, ma su questo tornerei brevemente
in seguito, che il mio rapporto con la musica liturgica contemporanea non è del tutto
felice.
Abbiamo accennato ad alcune particolarità formali delle sue opere. Vorrebbe ora
illustrare qualche dettaglio relativo alla loro struttura armonica?
Se lispirazione nasce come risposta a livello emotivo, la struttura compositiva
ha invece origine da un processo intellettuale molto rigoroso. Nel mio caso le successioni
armoniche nascono sempre prima della linea melodica: dunque non come mero supporto di
quella, bensì in rapporto autonomo. Le dinamiche accordali hanno un fraseggio proprio ed
una propria genesi: gli accordi sono un po come ponti o come pianeti attorno ai
quali ruotano i satelliti. Non nascono in isolamento bensì scaturiscono luno
dallaltro in rigorosa relazione.
Armonicamente parlando, ho una particolare predilezione per le strutture imperniate sulle
armonie di quarta (quasi unevoluzione dellaccordo mistico di Aleksandr
Skrjabin), che hanno la proprietà di suscitare nellascoltatore la sensazione di una
tonalità continuamente cangiante. Le grandi parti polifoniche delle mie composizioni sono
decisamente atonali, ma la struttura contrappuntistica fondata sul rapporto di quarte fa
sì che lascoltatore non si senta proiettato in un caos privo di punti di
riferimento. Anche la logica consequenziale della successione è alla base di quel senso
di sicurezza che il pubblico mostra di apprezzare. La forma non è dunque un orpello,
bensì il presupposto perché la comunicazione tra compositore ed auditorio sia non solo
efficace ma anche coinvolgente.
Tutte le sue composizioni sacre sono scritte per diversi organici. Perché tante
versioni di uno stesso lavoro?
Questo è un frutto naturale della genesi compositiva. Le parti strumentali, essendo
depositarie delle successioni armoniche e dunque realizzate in se stesse, possono vivere
in autonomia rispetto alla parte vocale. Io non tratto lo strumento come mero
accompagnatore della voce bensì come entità compiuta: infatti tutte le mie composizioni
sacre possono essere eseguite senza il canto. Questo non significa che io consideri la
parte vocale in rapporto subordinato: essa rimane, ovviamente, importantissima, ma funge
quasi da controsoggetto continuo inserito nel tessuto autonomo costituito
dallarmonia. È una sorta di recitar cantando di reminiscenza,
contrappuntisticamente parlando, wagneriana.
Si comprende così perché esistano unAve Maria op. 8 per voce e pianoforte ed una
8a per pianoforte solo; un Requiem op. 17 per soli, coro, due pianoforti e 4 timpani
pubblicata anche come Suite da Requiem n. 1 op. 17a per violino, corno e pianoforte ed una
terza versione pubblicata come Suite op. 43 per due pianoforti e 4 timpani ad libitum (ed
infatti la versione del duo Osipova-Gioiosa è eseguita senza timpani), un Ave Verum op.
42 per coro misto (o quartetto vocale ad libitum) e pianoforte ed una versione op. 42a per
pianoforte solo. Del Panis Angelicus, infine, esistono ben quattro versioni sviluppate tra
il 2005 ed il 2008. Lascolto rivela che nessuna versione è inferiore o
impoverita rispetto alle altre: basti confrontare, della sola Ave Maria, la
redazione con tenore (Ennio Buoso) e pianoforte (Giorgio Favaretto) edita da Classico
Records, quella per tre soprani (Doriana Giuliodoro, Silvia Marcellini e Cristiana Cecchi)
e pianoforte (Marco Sollini) e quella per pianoforte solo nella mia interpretazione
(queste ultime in Armonie della Sera).
Potrei chiederle, in chiusura, qualche considerazione sul futuro della musica sacra?
La musica sacra avrebbe un roseo avvenire dinanzi a sé se si mettessero a disposizione
degli ascoltatori gli elementi necessari per apprezzarla. Mi riferisco anzitutto alla
preparazione degli esecutori, che dovrebbe essere solida e radicata. Come non si può
pretendere che composizioni quali la Missa Solemnis di Ludwig van Beethoven figurino
sistematicamente durante il rito, così lanimazione dellazione liturgica non
dovrebbe ridursi a quattro schitarrate, come purtroppo talora accade. Si tratta di un
costume che non aggiunge nulla, bensì sottrae alla profondità della liturgia. Anche il
compositore ha unimportante responsabilità in questo senso: quella di proporre
modelli dimpianto rigoroso sia dal punto di vista compositivo che delladerenza
ai testi sacri.
E poi non è vero che la musica classica sia destinata ineluttabilmente al godimento di
una schiera di eletti: quando il Maestro Gianluigi Gelmetti ha proposto lesecuzione
di Tristano ed Isotta di Richard Wagner (una composizione della durata di quasi 6 ore) ad
un uditorio composto esclusivamente di studenti liceali, qualcuno avrebbe potuto
pronosticare levacuazione in massa della sala. Io ero presente a quellevento
eccezionale, e posso testimoniare non solo che fra gli studenti nessuno si mosse dalla
poltrona ma soprattutto che la chiusura dellopera fu salutata da unovazione da
stadio. La musica è travolgente, lesecuzione fu appassionata ed i ragazzi risposero
con altrettanto entusiasmo. Ecco, forse ad un futuro radioso per la musica sacra questo
sarebbe necessario: musica travolgente ed esecutori appassionati. Allora, anche la
risposta del pubblico sarebbe sicuramente allo stesso livello.
Alessandra Pompili
Pianista concertista interessata alla divulgazione sia del repertorio classico poco
conosciuto che di quello contemporaneo, con particolare attenzione alle composizioni sacre
per pianoforte solo. Dal 2006 Alessandra co-opera con Radio Vaticana nella duplice veste
di solista e di collaboratrice ai programmi musicali di Studio A (a Franz Liszt ha
dedicato sette trasmissioni andate in onda fra il 2009 ed il 2010). Alessandra si divide
fra Roma, città natale, e Manchester (Inghilterra), presso la cui Università insegna per
il dipartimento di Storia dellArte.