SERGIO
CALLIGARIS
Musica sinfonica e pianistica.
[Agorà AG 042.1, DDD, distribuzione Nuova Carisch]
CONCERTO op.29
per pianoforte e orchestra (1992-1993)
1. Moderato e maestoso assai [6'58"]
2. Scherzo e doppio trio (Allegro ben ritmato - Calmo e malinconico) [12'11"]
3. Allegro ostinato [1'01"]
4. Adagio e gavotte, Allegro ostinato [8'24"]
5. Agitato, con fuoco, Tempo I, [2'25"]
6. Cadenza, Coda (Presto) [4'39"]
Pianoforte: Sergio Calligaris
Albanian Radio TV Orchestra
Direttore: Massimo de Bernart
Registrazione "live" della Radio Vaticana
23 febbraio 1994 - Auditorium di Via della Conciliazione in Roma.
Prima esecuzione e prima registrazione mondiale.
SECONDA SUITE di Danze Sinfoniche op.27
per grande orchestra (1990)
7. Tempo di Valzer, Tempo di Siciliana [10'44"]
8. Andante maestoso [0'52"]
9. Movimento perpetuo [4'34"]
Albanian Radio TV Orchestra
Direttore: Jetmir Barballushi
Registrazione 9 febbraio 1995 - Studi della RadioTelevisione
Albanese.
Prima registrazione mondiale.
SONATA - FANTASIA op.32
per pianoforte (1994)
10. Introduzione (Maestoso) - Allegro moderato ed appassionato -
Lento elegiaco - Tempo di Valzer - Lento elegiaco -
Allegro moderato ed appassionato - Coda (Più mosso) [14'34"]
Pianoforte: Sergio Calligaris
Registrazione "live"
26 marzo 1995 - Pontificio istituto di Musica Sacra in Roma.
È il rigore e la spontaneità ciò che più colpisce della produzione di Sergio
Calligaris e in particolare delle due grandi pagine sinfoniche, il Concerto op.29 per
pianoforte e orchestra e la Seconda Suite di Danze Sinfoniche op.27, qui
proposte insieme alla Sonata-fantasia per pianoforte op.32. Non è una novità per
chi conosce le opere precedenti di questo autore, dal momento che la figura del
compositore-interprete (il connotato più caratteristico di Calligaris) si fonda proprio
su un rigore, una forma spietatamente logica, un gusto per la simmetria, per il
contrappunto, che gli ha trasmesso fin dalla prima adolescenza il suo primo maestro, padre
Luis Machado, diretto discendente della scuola hindemitiana, che lo portò sino al
professorato universitario di alta composizione a soli sedici anni. Poi la spontaneità
che distingue Calligaris fin da quando, pianista maturo e di bravura internazionalmente
riconosciuta, si tramutò in autore con la casualità dei momenti magici. Fu un'esigenza
didattica nelle apparenze, ma in realtà un omaggio, ad ispirargli il Quaderno
pianistico Renzo, sua vera opera prima nonostante il n.7 in catalogo. Tutta la
produzione successiva è insospettabilmente sostenuta da questo autentico pilastro: ne
conserva e ne ribadisce la freschezza, anche se sono via via cambiati gli spessori, i
contenuti, il senso drammatico e narrativo.
Il Quaderno è del 1978 e da esso, più dei suggerimenti di tipo
tecnico-interpretativo, promana un pianismo particolare che trova in lui (e in questo
Calligaris si fa addirittura preferire a celebri pianisti-compositori del passato, talora
mediocri interpreti di se stessi) un esecutore ideale, una sorta di depositario del
segreto per rendere quella pagina in tutta la sua efficacia espressiva.
Alcune soluzioni e le cellule motiviche del Quaderno tornano straordinariamente
nel Concerto e nelle Danze, pur se si tratta di composizioni concepite come
grandi affreschi sinfonici, per una orchestra che egli usa non per il colore del suono in
sé, quanto per la funzionalità discorsiva della linea contrappuntistica e della trama
armonica che sono sempre la conseguenza e l'indizio di una insopprimibile comunicativa. La
grande scioltezza, fra l'altro, deriva da quell'usare gli strumenti sempre nei registri
più comodi senza mai forzarli. Perché ad esempio costringere il flauto ai conati
rischiosi del registro sovracuto quando c'è l'ottavino che ha un delizioso e
naturalissimo registro medio-grave? E la grazia timbrica è assicurata dall'impegno a non
avvicinare mai troppo i gruppi strumentali in modo da non "sporcare" gli
impasti: e così non c'è mai l'esperimento fine a se stesso ma tutto è in funzione del
bel suono dell'orchestra.
Nel Concerto, il primo movimento, Moderato e maestoso assai, è una esposizione
gigantesca di tutti i temi che più avanti saranno elaborati. Ha un carattere solenne,
quasi rapsodico; ciascuno dei temi principali viene interpolato da una idea secondaria da
cui, in un procedimento che ricorda Brahms, deriverà tutto lo sviluppo tematico
successivo. I temi sono esposti subito dall'orchestra, quasi che l'autore abbia urgenza di
comunicare fin dall'inizio con l'ascoltatore e di conquistarne la fiducia, mentre il
pianoforte sostiene la struttura armonica con grandi arpeggi, salvo ad esplodere poi nel
virtuosismo della cadenza, seguita da un tema struggente del corno inglese che anticipa
quello che sarà l'Adagio, preceduto però da uno Scherzo e un Doppio Trio. Il primo è un
Allegro ben ritmato in cui violoncello, violino e ottavino, timpano e glockenspiel,
realizzano col pianoforte un contrappunto di grande vitalità e solo nelle apparenze, nel
grande gioco di tensione e distensione, dà la sensazione di rientrare in una armonia
tradizionale; il secondo ha un andamento calmo e malinconico e ad ogni respiro del nuovo
tema esposto dal pianoforte, gli altri strumenti a coppie, in un'allure
cameristica, fanno riaffiorare i temi del primo movimento.
Segue un meno ampio ma non meno complesso Allegro ostinato, articolato in due parti che
racchiudono l'Adagio. Nella prima il pianoforte ha finalmente il tema principale,
estremamente percussivo, martellante, ma col supporto degli a solo di timpani e
contrabbassi; e nel disteso centrale, il corno inglese è sorretto dall'intera orchestra,
ma torna il pianoforte in una Gavotte che coesiste con il tema dell'Adagio esposto sempre
dall'intero organico. Prima del grande Finale (una sorta di ripresa abbreviata del primo
movimento), c'è un episodio di collegamento a sé stante, una grande Cadenza del
pianoforte che ricupera i temi degli episodi precedenti compreso quello struggente
dell'Adagio e che sfocia nel Presto della Coda, un autentico trionfo del ritmo.
Nella Seconda Suite di Danze Sinfoniche un'orchestra di proporzioni enormi è
impegnata in quattro movimenti: Tempo di valzer, Tempo di Siciliana, Andante e Movimento
perpetuo. Dopo un'introduzione di carattere oscuro e misterioso, si susseguono le due
parti del valzer, una appassionata e intensa, la seconda leggera ed evanescente affidate
rispettivamente all'intera orchestra e ad un ensemble di strumentini che si
alternano in un gioco dialettico simile a quello del concerto grosso barocco. Il secondo
movimento è una estatica melodia di carattere arcaicizzante, sorretta da un'armonia
sottilissima, a cui si unisce un nuovo tema affidato al flauto; e in un esaltante gioco
simmetrico, ma arricchito nella strumentazione torna l'intero tema del valzer. La terza
danza, cioè l'Andante, un tema estremamente lirico ed espressivo all'inizio, che viene
poi riproposto in un crescendo sino al fortissimo. E un crescendo di voci è anche
il movimento conclusivo che dopo un avvio in pianissimo si arricchisce strada
facendo di colori e di intensità, mentre il clima si trasferisce dal lirico
all'esasperato, sino all'esplosione finale in un ritmo coinvolgente e travolgente cui
l'assenza di accelerazioni finisce per conferire un'impressione di ineluttabilità.
Una sensazione che ritroviamo, ma solo nel brevissimo avvio introduttivo, che anticipa
in maniera solenne e maestosa il primo tema della Sonata-Fantasia per pianoforte.
Questa è un gigantesco unico movimento articolato in otto sezioni: un confluire l'uno
nell'altro di temi e di ritmi e un trascolorare dall'elegiaco al tumultuoso, fino
all'apoteosi finale che tutto riassume ed esalta.
Virgilio Celletti