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Il pensiero del musicista dalle sue parole
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Sergio Calligaris
Il pensiero del musicista dalle sue parole

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Riproduzione AcrobatReader© articolo di CD CLASSICA (1715kB)CD CLASSICA, Anno 13 - N.123
(Firenze City Magazine Editrice)
Maggio 1999 (pag.18):

Sergio Calligaris, il pianista-compositore,
ci parla delle sue composizioni,

di Danilo Prefumo

Sergio Calligaris è un tipico "italiano d'Argentina", come lo chiamerebbe il cantautore Ivano Fossati. Nato a Rosario nel 1941 da genitori friulani, ha studiato pianoforte e composizione nel suo paese natale, e ha cominciato ad esibirsi come concertista di pianoforte a tredici anni, nel 1954. Dopo aver lavorato per diverso tempo negli Stati Uniti, nel 1974 si è stabilito in Italia, a Roma, ed ha assunto definitivamente la cittadinanza italiana. A comporre ha cominciato giovanissimo, ma per diverso tempo la carriera di solista lo ha assorbito completamente; solo qualche anno dopo il suo ritorno in Italia, nel 1978, è ritornato alla composizione con un brano, il Quaderno pianistico di Renzo op. 7, dedicato ad un amico italiano, che in breve tempo gli è valso larga popolarità tra i pianisti. Da quel momento in poi la composizione è diventata per lui l'attività principale, ed oggi il curriculum vitae delle sue opere registra una serie impressionante di esecuzioni da parte delle principali istituzioni concertistiche e di solisti di gran nome, in Italia e nel mondo intero. Come compositore, Calligaris si colloca nel solco di un tonalismo modernamente inteso, aperto alle combinazioni politonali; il suo primo maestro argentino, padre Luis Machado, era un ammiratore di Hindemith e certi aspetti di ascendenza hindemithiana si ritrovano con facilità nelle opere maggiori di Calligaris, come il Concerto per pianoforte e orchestra op. 29 o le Danze sinfoniche op. 27, ad esempio nella frenetica consequenzialità motoristica o nella rigorosissima strutturazione di certe pagine, degne di un Kapellmeister barocco. Ma i momenti forse più geniali e accattivanti, almeno nel Concerto per violino e pianoforte, sono quelli estatici e contemplativi, in cui tra l'altro Calligaris mette in mostra una vena melodica davvero originale.

Ho incontrato Sergio Calligaris a Milano il 15 febbraio, in occasione della prima esecuzione milanese del suo Concerto per violino, pianoforte e orchestra da camera, composto nel 1998 e dedicato a Sergei Krilov e Stefania Mormone, e questo è ciò che il Maestro mi ha raccontato in circa un'ora di conversazione.

- Il suo nome è italiano, ma il suo accento è ancora inequivocabilmente argentino. Mi racconti la sua storia.

Sì, sono argentino, di Rosario, ma i miei genitori erano italiani, del Friuli. Sono nato in Argentina, e in Argentina ho compiuto i primi studi musicali. Ero un bambino molto precoce, studiavo il pianoforte e anche la composizione. Come pianista ho debuttato a sette anni, e sono 'entrato in carriera' a tredici. L'Argentina, come lei sa, è una terra che ha dato grandi pianisti, come Martha Argerich e Bruno Leonardo Gelber, e anch'io vengo da questa tradizione del pianismo argentino. Come pianista ho suonato moltissimo in Europa, nelle Americhe, e perfino in Africa, e ho fatto anche molte registrazioni per le Radio di mezzo mondo, compresa la RAI italiana, naturalmente. Nel 1966 - avevo venticinque anni - ho cominciato ad insegnare negli Stati Uniti, al Cleveland Institute of Music e alla California State University; a quell'epoca avevo colleghi che si chiamavano James Levine e Lynn Harrell, tra gli altri. Nel 1973 sono diventato direttore artistico dell'American Academy of Arts in Europe, con sede a Verona. Sentivo il desiderio di venire a vivere in Italia e così nel 1974 ho lasciato il noto per l'ignoto e mi sono stabilito a Roma. Ho assunto la cittadinanza italiana e ho cominciato ad insegnare qui, prima a Napoli e poi all'Aquila e a Pescara. Insegno all'Aquila ma vivo a Roma. Adoro Roma, è una città troppo bella e affascinante.

- Le sue esperienze di pianista hanno influenzato la sua attività di compositore?

Guardi, io credo che la tecnica influenzi molto l'invenzione, e che quello che si scrive dipenda anche da quello che si sa fare con le mani sul pianoforte…

- La famosa invenzione "che nasce dalla punta delle dita" di cui parlava Stravinsky…

Esattamente! Quando scrivo io non posso prescindere da ciò che so. Le dirò di più. Non posso prescindere nemmeno dalla persona cui è dedicata la mia musica. Prenda il Concerto per pianoforte op. 29, ad esempio, e lo confronti con questo Concerto per pianoforte e violino. Il concerto per pianoforte l'ho scritto per me, ed è scritto in un certo modo, un modo in cui io mi ritrovo ad occhi chiusi, con un certo tipo di virtuosismo adatto alle mie caratteristiche tecniche e fisiche. Il concerto per pianoforte e violino è dedicato a Stefania Mormone e Sergei Krilov, e quindi in esso lei troverà un tipo di pianismo diverso. È normale che sia così.

- Lei fa come i grandi operisti dell'Ottocento, che scrivevano le parti delle loro opere in funzione dei cantanti che le avrebbero eseguite alla 'prima'…

Proprio così! E poi, vede, io adesso conto di dedicarmi sempre più alla composizione, perché questo è il mio vero interesse. Anche perché insegnare, oggi, è diventato sempre più difficile e dà sempre meno soddisfazione. È difficile trovare giovani veramente motivati e interessati, si ha sempre l'impressione che non provino nessun entusiasmo per quello che stanno facendo. L'entusiasmo, invece, per me è una cosa fondamentale, in ogni cosa. Bisogna amare l'arte, la vita. Io non ho mai smesso un attimo di amare la vita e quello che faccio.

- E allora mi racconti di come è arrivato alla composizione.

Avevo cominciato a comporre fin da ragazzo, in Argentina. Sono stato allievo di padre Luis Machado, un musicista molto dotato, un ammiratore di Hindemith. In Argentina, negli anni della mia prima giovinezza, c'era molto spazio per la musica moderna e per la sperimentazione. Ho iniziato a comporre. Devo dire che mi piaceva ciò che si faceva, ma alla fin fine mi sono reso conto che in realtà non rappresentava il mio vero ideale. Succede così anche nella vita, a volte si trovano persone che magari ci piacciono moltissimo, ma poi si capisce che 'non fanno per noi'. Così ho smesso di comporre, e d'altronde avevo molto successo come pianista, ero giovane, avevo voglia di affermarmi e non mi restava molto tempo per scrivere musica. Quando sono venuto in Italia, nel 1978, ho scritto per un mio amico questo Quaderno pianistico di Renzo op. 7, che Carisch mi ha pubblicato e che ha cominciato a poco a poco ad essere inserito nei programmi dei concerti da diversi pianisti. Come si suol dire, da cosa nasce cosa, negli anni successivi sono venute richieste da amici musicisti per nuove composizioni, come ad esempio la Sonata per violoncello e pianoforte op. 9, poi il coreografo Vittorio Biagi mi ha chiesto delle musiche per i suoi balletti, nell'85 l'Istituzione Sinfonica Abruzzese mi ha commissionato il Concerto per archi op. 25, e così via. Oggi le mie opere sono eseguite con notevole frequenza. Credo di essere uno degli autori italiani contemporanei eseguiti più spesso. Non passa settimana che una qualche mia composizione non sia proposta in concerto da qualche parte nel mondo.

- Qual è il suo rapporto con la tradizione?

Vorrei chiarire che io non sono un neoromantico, o un neoclassico. Ho sempre composto così, con un linguaggio che può anche essere politonale, e nel quale gli accordi perfetti, quando ci sono, sono sempre conseguenza del movimento orizzontale delle parti. La mia è una musica costruttivamente molto complessa, e ogni composizione è ricca di sottili relazioni tra i temi e i motivi delle sue varie parti, che di volta in volta ricorrono modificati, rivoltati, etc; credo però che questa complessità, alla fin fine, non si veda e non si senta, perché non si deve vedere e sentire. In ultima analisi, ciò che conta veramente è l'emozione, è questo che la musica comunica; il lavoro che c'è dietro è importante, è fondamentale, certo, ma non è per questo che la musica deve essere goduta e apprezzata. Conosco molti musicisti giovani che scrivono musica molto diversa dalla mia, ho un ottimo rapporto con loro, ma io scrivo in un altro modo. E d'altronde, non c'è nulla di più gratificante che vedere il pubblico che apprezza ciò che hai fatto, che applaude e si entusiasma. Questo ti convince a continuare.

- Allora mi citi i suoi compositori preferiti, in modo da poter chiarire meglio ai lettori il suo orizzonte spirituale.

Oh, sono molti. Uno, ad esempio, è Rachmaninov. È un compositore che molti non comprendono, che ritengono melenso, mentre è un autore eccezionalmente complesso, che spesso viene rovinato da cattive esecuzioni. Penso a composizioni come la Terza Sinfonia, ad esempio, un'opera davvero magnifica, o The Bells, o L'isola dei morti, che ritengo un capolavoro. Un altro autore che amo molto è Hindemith. E poi Chopin, un altro autore che molti amano, ma che pochi veramente capiscono, e Schumann. Schumann è sempre stato per me un modello di compositore, il mio ideale.

- Non ha citato nemmeno un nome italiano…

Guardi, quando ero giovane trattavo Verdi con una certa dose di condiscendenza, mi sembrava troppo semplice. Oggi mi rendo conto di quanta grandezza ci sia dietro quella apparente semplicità. Oggi non posso ascoltare il Preludio del primo atto della Traviata, che un tempo snobbavo un po', senza commuovermi. Così torniamo al discorso di prima: la musica deve riuscire a comunicare delle emozioni. Se non lo fa, vuol dire che c'è qualcosa che non funziona.

- Mi parli dei suoi dischi, per concludere.

Ho inciso diversi dischi come pianista, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta, non solo di mie composizioni, ma contenenti anche brani di Chopin, Rachmaninov, etc. Alcuni di questi dischi hanno anche ricevuto dei premi della critica internazionale. L'ultimo disco che ho fatto, nel 1996, era interamente dedicato a mie composizioni, il Concerto per pianoforte op. 29, la seconda suite delle Danze sinfoniche op. 27 e la Sonata-Fantasia op. 32 per pianoforte. Nel Concerto per pianoforte ero accompagnato dall'Orchestra della Radio di Tirana diretta da Massimo De Bernart, un caro amico e un ottimo musicista. Questo disco è stato pubblicato da Agorà.

Danilo Prefumo

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A cura di Renzo Trabucco: Pagina aggiornata al 21/09/2000
Materiali©Nuova Carisch s.r.l.

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