MUSICA E SCUOLA, Anno XIX - N.21
(Gioiosa Editrice - Sannicandro Garganico, FG)
Dicembre 2005 (pag.27):
Incontro con...
Sergio Calligaris,
di Walter Tortoreto
Nel suo programma di rilancio artistico, sostenuto da un oscuro ma prezioso lavoro
di riorganizzazione interna, l'Associazione de I Solisti Aquilani incontra la musica di
Sergio Calligaris.
Del noto compositore italoargentino i Solisti hanno eseguito in tre serate diverse (23 e
30 luglio e 24 agosto scorsi) tre composizioni impegnative, inserite in una cornice di
pagine sette-ottocentesche affidate ai violini di Stefania Franchini, Melanie Budde e
Laura Gorna, ai violoncelli di Massimo Magri e Fernando Caida Greco ed al pianismo di
Stefania Mormone e dello stesso Calligaris. In occasione dell'ultimo appuntamento a Rocca
di Mezzo, il Maestro Calligaris, con la cortesia che lo contraddistingue, ha risposto alle
nostre domande.
Maestro, tre composizioni sue in tre distinti concerti fanno pensare ad un omaggio
simile alle famose "beneficiate" dell'Ottocento.
In effetti sono onorato di questo importante riconoscimento. Le tre composizioni
appartengono a tempi diversi ma sono unite da una scrittura il cui stile è immediatamente
riconoscibile. La manifestazione, presentata dal presidente del Consorzio per lo sviluppo
culturale delle Rocche, Giovanni Cocciante, assieme ai dirigenti dei Solisti Aquilani,
concorre al rilancio culturale e turistico di un territorio che si sta imponendo in campo
nazionale con numerose e valide iniziative.
Lei conserva tuttora in Abruzzo, una vasta notorietà. Che ricordi ha dei suoi anni
passati in questa regione?
Ho lavorato a lungo in Abruzzo, ai Conservatori di Pescara e de L'Aquila, dopo aver
insegnato negli Stati Uniti ed a Napoli, e sento spesso i miei allievi, alcuni dei quali
sono ottimi musicisti. Ma andando via da L'Aquila, del resto non molto tempo fa, non ho
interrotto i legami di lavoro perché vengo in villeggiatura su queste bellissime montagne
e posso comporre nel raccoglimento assoluto. La serenità di questi luoghi aiuta sia
l'ispirazione per creare la struttura tematica dei miei pezzi sia il duro lavoro a
tavolino quando i temi vengono combinati nei vari movimenti e nella forma di ogni
movimento.
Lei ha anticipato il rilancio della musica tonale, dalla quale non si è mai
allontanato?
È una questione di coerenza. Mi sento un uomo del mio tempo e, infatti, i miei temi,
quelli più distesi e lirici come quelli burrascosi o perfino brutali, nascono dalla vita
quotidiana. Ma evito i labirinti di certi sperimentalismi perché aspiro a una musica
espressiva.
Nella mia musica racconto la vita del mio tempo, con la malinconia o le tempeste che le
difficoltà scatenano nel nostro cuore, la contemplazione assorta di certi adagi o
l'energia, la violenza, la libertà ritmica di altri episodi. E il mistero nel quale
viviamo o il sogno
L'op.36 per archi del 1995, il Concerto per archi
dell'89 e il Doppio Concerto op.37 costituiscono una specie di affresco sonoro
della nostra vita in tutti i suoi aspetti.
Recentemente ha avuto un importante riconoscimento internazionale. Di che si tratta?
L'anno scorso mi è stato assegnato il Premio Musicista Internazionale dell'anno
dall'International Biographical Centre di Cambridge.
È un encomio prestigioso che si dà soltanto a pochissime personalità musicali di sicura
autorevolezza internazionale. Una commissione di specialisti seleziona migliaia di
biografie musicali prima di decidere.
Il premio vanta 142 edizioni. Si può capire, quindi, la mia gioia e la soddisfazione per
un riconoscimento di rilievo così eccezionale.
Walter Tortoreto