MUSICA E SCUOLA, Anno XIV - N.18
(Gioiosa Editrice - Sannicandro Garganico, FG)
Ottobre 2000 (pag.6):
L'intervista - Sergio Calligaris,
di Adriano Bassi
Incontro il M° Sergio Calligaris a Milano, il giorno dopo l'esecuzione della sua
composizione "Toccata, Adagio e Fuga" eseguita dall'Orchestra Milano Classica
diretta da Vittorio Parisi alla Palazzina Liberty.
Indubbiamente Calligaris è una persona solare, reale che sprizza simpatia e concretezza
da ogni poro e da ciascuna sua frase.
Ci troviamo nella Sede della Casa Editrice Carisch, che cura la produzione del Maestro e
ci accomodiamo in una saletta tranquilla e ben areata. È importante descrivere anche
l'ambientazione nella quale avviene l'intervista, poiché il lettore deve diventare una
terza presenza del dialogo in atto.
Per quanto riguarda lo stile del Maestro è possibile sintetizzare la sua ricerca in una
profonda rilettura della musica che ci ha preceduti, con l'arricchimento personale di
Calligaris, che riesce a creare un perfetto ponte di collegamento tra passato e presente
generando sonorità e alchimie sonore non legate a sterili etichette di
"neoromanticismo" o matrici estremamente riduttive della ricerca di un
compositore.
Calligaris dev'essere ascoltato almeno due volte per brano, metabolizzato e solo in questo
modo si capirà che dietro alla sua statura di compositore vi è la vera ricerca non
legata al mercato. Detto ciò inizia la nostra intervista.
Vorrei sapere il suo pensiero riguardante la corrente neoromantica che sembra
etichettare tutta la produzione degli ultimi anni.
Quando si parla di corrente neoromantica mi viene in mente ciò che disse Michelangelo
Zurletti riguardo a questo aspetto e che mi trova perfettamente d'accordo e cioè che la
mia musica non è neoromantica, perché segue una forma molto rigorosa e
contrappuntistica. Formalmente si può rifare al classicismo anche molto sviluppato tipo
da Beethoven a Brahms e contrappuntisticamente piuttosto a Bach. Dunque non è
neoromantica. Per quanto riguarda la mia opinione del neoromanticismo mi pare che il tutto
si basi su una melodia accompagnata da un'armonia funzionale e molto completa. Nella mia
musica esiste invece una costruzione più complessa, dove è possibile riscontrare
attraverso l'analisi una serie di accordi alterati che possono sconfinare nell'atonalità.
Mi sembra importante far capire al lettore il suo stile e la sua ricerca.
Amo la simmetria per un fatto di esecuzione ed io sono un uomo molto pratico e quindi
mi piace avere uno schema da seguire andando anche oltre questo aspetto ma avendo a
disposizione una base di partenza. Poi il tutto può essere dilatato come Bruckner, ma
c'è un fatto molto importante: la simmetria per me è quello che compensa la libertà
dell'inventiva armonica e melodica perché è rassicurante. Per me in un compositore deve
esistere un elemento fondamentale e cioè la presenza di una personalità al di là delle
etichette, che non amo.
Cosa pensa della tradizione interpretativa?
È una parola delicata da usare. La "routine" non è tradizione. Io mi annoio
quando sento pianisti che sono prevedibili, che fanno capire quello che ci sarà dopo.
Invece mi piace sentire pianisti che mettono in rilievo con l'accento dinamico aspetti
musicali che non si basano solo sull'evidenziazione della melodia trascurando l'armonia.
In questo modo utilizzando sia l'armonia che la melodia esce una compattezza che mi
interessa e mi affascina. Se non si usa la fantasia e la personalità badando solo alla
tradizione esce un'esecuzione amorfa, stupida e uguale.
Come avviene la sua scelta di scrivere lavori per determinati organici?
Molte volte è la commissione di lavori da parte di alcuni solisti, gruppi o Enti.
Inoltre alcuni artisti, che poi diventano destinatari delle mie composizioni, mi hanno
ispirato un certo tipo di brano che nasce già con quella mentalità. Cito un esempio, per
la Società della Magna Grecia ho scritto un brano per Due pianoforti e orchestra per il
Duo Gemmiti, due pianisti di forza e di tecnica granitica ed io essendo un pianista di
forza ho avuto una perfetta ispirazione della costruzione del mio brano. Il lavoro è già
nato con quella sonorità in mente e l'entusiasmo fa il resto.
La sua opinione sul mondo della composizione in Italia.
Il mio inserimento nel settore non è stato facile, poiché la mentalità dei musicisti
si basa sulla provenienza. Loro ragionano con la teoria delle scuole. Per esempio questi
compositori della scuola romana hanno studiato con il tale maestro, gli altri hanno
studiato con un altro sistema. Personalmente arrivavo con una formazione molto solida
dall'estero e sono stato considerato come un "outsider" e quindi mi avevano
etichettato così. L'accettavo anche se non mi rendeva felice, poiché io mi reputo
italiano e sono molto affezionato all'Italia. Ho notato una mentalità provinciale, chiusa
e preoccupante. In un primo tempo avevo pensato che non amassero la mia presenza poi ho
notato che non si amavano neanche fra di loro e si odiavano profondamente. Il mio commento
è un po' drastico.
Ma vi è una ricerca in atto?
Ricerca di che cosa? Noi abbiamo il complesso del nuovo a tutti i costi. La
personalità di un autore non è quella di tingersi i capelli di verde o altro e quindi il
compositore rivoluziona dal di dentro la musica, non scrivendo i brani utilizzando le
forchette o con i cucchiai in nome di un'originalità che nel fondo della mente o del
cuore (anche se in molti si vergognano a parlare di cuore) sa che non c'è. Egli non vuole
seguire strade già percorse da altri. Molti contemporanei non hanno capito che gli
effetti che usano, quali il "frullato" dei flauti o il suono
"soffiato" dei tromboni è stato fatto migliaia di volte quanto
l'accompagnamento arpeggiato da Bellini. Esiste molta dialettica e molta chiacchiera.
La nostra intervista si conclude con una vigorosa stretta di mano e con l'impegno di
ritrovarci presto per capire se il neoromanticismo continuerà. Auguri Maestro Calligaris!
Adriano Bassi