Sergio
Calligaris: Pianista e Compositore
Il pensiero del musicista dalle sue parole |
MUSICA E SCUOLA, Anno
XIV - N.18 Incontro il M° Sergio Calligaris a Milano, il giorno dopo l'esecuzione della sua
composizione "Toccata, Adagio e Fuga" eseguita dall'Orchestra Milano Classica
diretta da Vittorio Parisi alla Palazzina Liberty. Vorrei sapere il suo pensiero riguardante la corrente neoromantica che sembra etichettare tutta la produzione degli ultimi anni. Quando si parla di corrente neoromantica mi viene in mente ciò che disse Michelangelo Zurletti riguardo a questo aspetto e che mi trova perfettamente d'accordo e cioè che la mia musica non è neoromantica, perché segue una forma molto rigorosa e contrappuntistica. Formalmente si può rifare al classicismo anche molto sviluppato tipo da Beethoven a Brahms e contrappuntisticamente piuttosto a Bach. Dunque non è neoromantica. Per quanto riguarda la mia opinione del neoromanticismo mi pare che il tutto si basi su una melodia accompagnata da un'armonia funzionale e molto completa. Nella mia musica esiste invece una costruzione più complessa, dove è possibile riscontrare attraverso l'analisi una serie di accordi alterati che possono sconfinare nell'atonalità. Mi sembra importante far capire al lettore il suo stile e la sua ricerca. Amo la simmetria per un fatto di esecuzione ed io sono un uomo molto pratico e quindi mi piace avere uno schema da seguire andando anche oltre questo aspetto ma avendo a disposizione una base di partenza. Poi il tutto può essere dilatato come Bruckner, ma c'è un fatto molto importante: la simmetria per me è quello che compensa la libertà dell'inventiva armonica e melodica perché è rassicurante. Per me in un compositore deve esistere un elemento fondamentale e cioè la presenza di una personalità al di là delle etichette, che non amo. Cosa pensa della tradizione interpretativa? È una parola delicata da usare. La "routine" non è tradizione. Io mi annoio quando sento pianisti che sono prevedibili, che fanno capire quello che ci sarà dopo. Invece mi piace sentire pianisti che mettono in rilievo con l'accento dinamico aspetti musicali che non si basano solo sull'evidenziazione della melodia trascurando l'armonia. In questo modo utilizzando sia l'armonia che la melodia esce una compattezza che mi interessa e mi affascina. Se non si usa la fantasia e la personalità badando solo alla tradizione esce un'esecuzione amorfa, stupida e uguale. Come avviene la sua scelta di scrivere lavori per determinati organici? Molte volte è la commissione di lavori da parte di alcuni solisti, gruppi o Enti. Inoltre alcuni artisti, che poi diventano destinatari delle mie composizioni, mi hanno ispirato un certo tipo di brano che nasce già con quella mentalità. Cito un esempio, per la Società della Magna Grecia ho scritto un brano per Due pianoforti e orchestra per il Duo Gemmiti, due pianisti di forza e di tecnica granitica ed io essendo un pianista di forza ho avuto una perfetta ispirazione della costruzione del mio brano. Il lavoro è già nato con quella sonorità in mente e l'entusiasmo fa il resto. La sua opinione sul mondo della composizione in Italia. Il mio inserimento nel settore non è stato facile, poiché la mentalità dei musicisti si basa sulla provenienza. Loro ragionano con la teoria delle scuole. Per esempio questi compositori della scuola romana hanno studiato con il tale maestro, gli altri hanno studiato con un altro sistema. Personalmente arrivavo con una formazione molto solida dall'estero e sono stato considerato come un "outsider" e quindi mi avevano etichettato così. L'accettavo anche se non mi rendeva felice, poiché io mi reputo italiano e sono molto affezionato all'Italia. Ho notato una mentalità provinciale, chiusa e preoccupante. In un primo tempo avevo pensato che non amassero la mia presenza poi ho notato che non si amavano neanche fra di loro e si odiavano profondamente. Il mio commento è un po' drastico. Ma vi è una ricerca in atto? Ricerca di che cosa? Noi abbiamo il complesso del nuovo a tutti i costi. La personalità di un autore non è quella di tingersi i capelli di verde o altro e quindi il compositore rivoluziona dal di dentro la musica, non scrivendo i brani utilizzando le forchette o con i cucchiai in nome di un'originalità che nel fondo della mente o del cuore (anche se in molti si vergognano a parlare di cuore) sa che non c'è. Egli non vuole seguire strade già percorse da altri. Molti contemporanei non hanno capito che gli effetti che usano, quali il "frullato" dei flauti o il suono "soffiato" dei tromboni è stato fatto migliaia di volte quanto l'accompagnamento arpeggiato da Bellini. Esiste molta dialettica e molta chiacchiera. La nostra intervista si conclude con una vigorosa stretta di mano e con l'impegno di ritrovarci presto per capire se il neoromanticismo continuerà. Auguri Maestro Calligaris! Adriano Bassi
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A cura di Renzo Trabucco: Pagina aggiornata al 30/11/2000
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