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Gli studi sull'opera del musicista
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Sergio Calligaris
Studi sul musicista

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Patrizia Valente
Il Quaderno Pianistico di Renzo Op.7:
Aspetti metodologico-didattici
di un'opera del Novecento musicale italiano

3. IL QUADERNO PIANISTICO DI RENZO OP. 7

3.2. “Manifesto estetico” e valenza didattica

«[…] Esiste un’opera che mi è particolarmente cara, il mio “Quaderno pianistico di Renzo op. 7”, che segnò, nel 1978, il mio ritorno alla composizione dopo 25 anni dedicati esclusivamente alla carriera concertistica e didattica. Si trattava di 10 pezzi brevi, composizioni facili e molto difficili, dedicati al mio amico fraterno Renzo Arzeni, una sorta di Mikrokosmos privato, un’evocazione del Mikrokosmos di Bela Bartok. La pianista Marcella Crudeli li volle inserire nel suo repertorio prima ancora che li pubblicassi, e a tutt’oggi li ha eseguiti più di 500 volte! Quell’opera costituisce per così dire, il mio manifesto estetico. In ogni altra opera successiva ho sempre voluto citare un tema del “Quaderno”, nella speranza che anche queste potessero condividere con l’op.7 l’onestà, la sincerità, lo slancio, ed il calore umano di quelle pagine(1) […]».

La testimonianza appena citata di Sergio Calligaris m’induce a ricordare quanto sia stato per me proficuo lo studio di questa opera nel periodo in cui la mia giovanile formazione pianistica si compiva sotto la guida di uno dei più eminenti rappresentanti del concertismo italiano ed eccellente didatta come Marcella Crudeli, alla quale rivolgo il mio pensiero affettuoso. Fu proprio Lei a propormi l’esplorazione di una geniale composizione contemporanea che catturò subito la mia attenzione e che si dimostrò nel corso della mia successiva esperienza di didatta un valido strumento metodologico per dare agli allievi la possibilità di acquisire una maggiore maturazione tecnica, logica, ma soprattutto espressiva e interpretativa.
Si tratta di un’opera le cui pagine sono di elegante scrittura, saldamente strutturata, molto sincere, ricche di comunicativa e di vitalità artistica, capaci di sfruttare l’intera gamma espressiva della tastiera.
Leggendo i titoli dei singoli brani, si ha come l’impressione che riportino al passato (Valzer, Elegia…), quasi sull’onda di visioni schumanniane o ciaikowskiane, ma sono proprio le linee contrappuntistiche e gli accenti colmi di vitalità interiore che trapelano dai vari pezzi ad indicare invece esperienze attuali e significatamene umane.
Così si esprime Franco Campeggiani, luminoso intelletto di poeta e filosofo nonché giornalista e critico d’arte, in una breve lettera (datata 18 aprile 2004) inviata a Sergio Calligaris dopo aver ascoltato questa sua opera:

«[…] Ho riascoltato la tua musica piena di inquietudini e dolcezze, di tempeste e albeggiamenti, di tuoni e lampi che esplodono a ciel sereno.
Una potenza espressiva lacerante entro plaghe di tenerezza infinita. Oasi di pace e campi di battaglia. C'è il passo del conquistatore ed anche il riposo del guerriero stanco. Mirabile armonia dei contrari! Quando posso, riascolto volentieri le tue note musicali, ed è un rapimento verso sfere non frequentate dell’anima, che parlano di fede cosmica e di forza e di forza vitale. Ho usato impropriamente il verbo “ascoltare”, perché la tua arte coinvolge totalmente. Non è soltanto uditiva, ma anche visiva, olfattiva, tattile. Parlo, ovviamente, di sensi superiori, di sovrasensi spirituali, dove la fisicità è presente, ma è nello stesso tempo trasformata, superata. Quando io sostengo la spiritualità dell’arte, non intendo separare lo spirito dall’uomo, ma intendo dire che l’uomo viene trascinato dall’arte nelle sfere spirituali. Sta lì, in quelle vette, la vera potenza dell’uomo, il suo vero amore, il suo equilibrio, la sua sete di libertà e di giustizia, la sua mèta ed il suo slancio verso l’infinito(2) […]
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Parole che, sgorgate da un animo profondamente affine a quello del compositore esprimono in maniera efficace e universalmente condivisibile le sensazioni suscitate dal suo ascolto e chiunque ami la musica di Calligaris può sentirle intimamente sue.
Il “Quaderno pianistico di Renzo op.7” non nasce propriamente come una creazione a scopo didattico, ma sono convinta della sua efficacia e validità in tal senso. Desidero considerarlo necessariamente un lavoro “in itinere” che si aggiorna quotidianamente nel confronto con la prassi esecutiva e didattica.
Non dimentichiamo che il primo allievo di ogni docente è se stesso, perché non si può insegnare nulla che non sia stato sperimentato sulla propria “pelle”, come situazione reale e verificata.

«[…] Io insegno suonando e risuonando il pezzo per i miei allievi(3) […]».

Come sostiene Calligaris, è importante proporre all’allievo l’ascolto del brano; sarà l’insegnante stesso ad eseguirlo e ad evidenziare volta per volta i passaggi tecnici da dover affrontare unitamente alle problematiche interpretative.
I dieci brani che compongono l’opera, hanno il potere di descrivere, narrare, suscitare emozioni e sentimenti. Questa capacità evocativa è normalmente slegata dalla qualità della musica che si ascolta ed è associabile principalmente al vissuto personale.
Così spiega Calligaris:

«[…] Io penso che la musica evochi sempre qualche cosa. La musica deve avere qualcosa che non sia soltanto astratto. Del resto anche nella musica più astratta, nel subconscio c’è sempre qualcosa in rapporto ad una situazione o ad un sentimento(4) […]».

Altrettanto importanti sono i modi di “muoversi allo strumento”(5) , in quanto possono essere visti non solo come astratte regole tecniche da apprendere con l’esercizio fisico e meccanico, ma al tempo stesso come condotte espressive, organizzate allo scopo di produrre sfumature agogiche, ritmiche, dinamiche, timbriche, e di esprimere contenuti simbolici attraverso la musica.
Non dimentichiamo in ultimo quanto possa essere utile al discente la pratica vocale, adeguatamente curata a livello del controllo della fonazione, intesa come mezzo più immediato per la partecipazione all’evento musicale e per la sua esecuzione. E’ fondamentale perciò suonare “con tutta la persona” (corpo, affettività, intelletto, spiritualità) ed utilizzare la voce umana come modello per gli strumenti ( in riferimento al respiro e alla frase) e come centro vitale dell’espressione musicale.

NOTE:
(1) MAURIZIO BRUNETTI, Sergio Calligaris, Newsletter-N.66, Milano, Rachmaninoff Society, giugno 2006, p. 1
(2) http://calligaris.carisch.it/scalit/recit.htm
(3) PAOLO GIORGI, Sergio Calligaris, pianista sublime, 50&Più, AnnoXXV-N.2, Roma, Cinquanta&Più Srl, Febbraio 2003, pag. 82
(4) ANTONIO RANALLI, Variazioni su tema di Sergio Calligaris, Musicalnews.com, 23/05/2002
(5) ANNA MARIA FRESCHI, Movimento e misura. Esperienza e didattica del ritmo, Torino, EDT, 2006, pag. 21

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A cura di Renzo Trabucco: Pagina aggiornata al 02/06/2009
Materiali©Carisch s.r.l.

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