Patrizia Valente
Il Quaderno Pianistico di Renzo Op.7:
Aspetti metodologico-didattici
di un'opera del Novecento musicale italiano
3. IL QUADERNO PIANISTICO DI RENZO OP. 7
3.3. Selezione di brani per la classe I
E’ noto che l’approccio individuale della lezione di strumento musicale
permette di elaborare percorsi educativi e didattici più aderenti alla realtà cognitiva
e socio-affettiva dei singoli allievi. Di conseguenza sarà possibile osservare e
verificare con più attenzione i risultati ottenuti e predisporre eventuali modifiche
degli obiettivi prefissati. Nella valutazione dei brani si cercherà di trovare il
linguaggio musicale più idoneo a stimolare l’interesse e la voglia di comprendere e
di provare dell’alunno. Pertanto l’aspetto esecutivo deve essere motivato e
ricondotto ad un effettivo riscontro pratico, senza per questo disconoscere
l’imprescindibile importanza dell’elemento “ripetitività” che
caratterizza in parte l’addestramento musicale. La libera scelta del repertorio
permetterà al ragazzo di considerare la musica davvero come un linguaggio di cui
approfondire la conoscenza.
Si potrà così eseguire una scelta dei brani, fra i dieci che compongono l’opera
“Il Quaderno Pianistico di Renzo op.7”, adatti, per la modernità del loro
linguaggio e la relativa mancanza di difficoltà tecniche, al percorso di formazione
pianistica dei ragazzi frequentanti la Scuola Secondaria di Primo Grado ad Indirizzo
Musicale. A parer mio, sono idonei in tal senso il Preludio e l’Elegia,
perché si presentano con una scrittura lineare, che fa uso solamente della chiave di
violino e non presenta difficoltà esecutive.
Prima di passare all’analisi dei brani, credo che sia necessario soffermarsi
brevemente sull’atteggiamento e la posizione che l’alunno deve assumere al
pianoforte, tenendo in considerazione le sue caratteristiche morfologiche e le dimensioni
dei suoi arti che devono adeguarsi allo strumento.
Theodor Leschetizky, eccelso pianista e didatta polacco dell’Ottocento, si espresse
così:
«[…] Siedi comodamente ed erettamente al pianoforte come un buon fantino sul suo
cavallo(1) […]».
Per una corretta
posizione rispetto alla tastiera, bisogna sedersi ad una distanza che consenta di
posizionare le dita senza sforzo, tenendo le braccia naturalmente ricurve e i piedi vicino
ai pedali. I gomiti, né troppo vicini né troppo lontani dai fianchi, devono essere in
linea con la tastiera. La mano (Figura 1, Mano di Theodor Leschetizky) deve essere larga,
flessibile nel polso, equipaggiata con dita dalle estremità ampie e muscolose; essa deve
mantenere una forma arcuata, poiché la sua rotondità consente alle dita di attaccare i
tasti con forza. “L’unghia deve essere ben tagliata per non rendere duro il
suono”.(2)
Prima di far accostare l’allievo esordiente o avanzato ad un qualsiasi brano sarà
utile analizzare il pezzo da studiare, dividerlo in serie significative, osservare la sua
scrittura ritmica e melodica a tavolino senza suonare, abbozzarlo con una lettura a prima
vista ed individuare le “zone a rischio”.
Dopo aver fatto questa doverosa premessa, giungo adesso ad identificare determinate
difficoltà tecniche ed interpretative che sono presenti nella scrittura dei brani da me
scelti.
Il Preludio (Andantino) presenta una linea melodica semplice (Fig.2), affidata alla
mano destra, che abbraccia l’estensione di una quarta giusta e che fa uso solo delle
prime quattro dita esclusivamente sui tasti bianchi, e perciò di facile esecuzione.
La presenza di un’elementare figura puntata (Fig.2), come la minima con il punto di
valore, permetterà al discente di applicare la regola teorica, appresa in precedenza,
inerente alla figurazione.

Figura 2. Primo rigo del Preludio
Osserviamo però che nella melodia eseguita dalla mano sinistra sono presenti svariate
note alterate (Fig.2) che permetteranno all’alunno di essere educato ad una lettura
sciolta e corretta del diesis e del bemolle, e d’imparare con disinvoltura l’uso
dei tasti neri, mantenendo la mano in posizione corretta per raggiungerli con la massima
spontaneità e distensione muscolare. Non dimentichiamo che verrà usato anche il pollice
come è indicato sullo spartito dalla diteggiatura (Fig. 2).
Inoltre si avrà l’occasione di affrontare la tecnica del “suono tenuto”
(Fig. 3), mentre se n’eseguono altri con le dita della stessa mano, attraverso il
procedimento del “legato” che si ottiene mantenendo il tasto abbassato fino alla
percussione del successivo; passaggio abbastanza ostico inizialmente, ma superabile
attraverso il controllo e lo sviluppo dell’indipendenza delle dita.

Figura 3. Terzo rigo del Preludio
E’ questo un esercizio utilissimo per un allenamento psico-motorio necessario alla
maturazione tecnica, ma anche espressiva del principiante.
Non dimentichiamo però che la creazione di un componimento musicale è di per sé stesso
un processo compiuto, e la sua esecuzione è il mezzo attraverso il quale può dare
significato alla propria vita; sarà perciò necessario leggerlo e quindi interpretarlo.
Soltanto attraverso un’attenta lettura, l’alunno sarà capace di materializzare
i pensieri del compositore e potrà impregnarsi delle sue emozioni per trasmetterle a chi
ascolta.
L’approccio con l’opera è sempre soggettivo: persone diverse che eseguono lo
stesso componimento potrebbero infatti interpretare i pensieri del compositore in maniere
differenti e dare all’ascoltatore impressioni altrettanto diverse sul significato di
quanto sta ascoltando. Ecco perché è importante analizzare a fondo la composizione prima
di eseguirla e considerarla come un insieme di pensieri, ognuno con un senso ben preciso.
E’ opportuno che il docente proponga all’allievo l’ascolto della sua
esecuzione perché, osservando ed ascoltando il proprio insegnante, lo studente potrà
così comprendere più facilmente la natura del pezzo e le giuste modalità che gli
permetteranno di raggiungere la maturità espressiva necessaria ad un’esatta
interpretazione.
Il tema del Preludio, molto elementare e diretto nel suo potere comunicativo,
presenta una struttura particolarmente simmetrica che testimonia un attento studio formale
e contrappuntistico da parte dell’autore.
Le legature di “frase” e di “portamento” (Fig. 3), presenti nella
scrittura, indurranno l’alunno ad eseguire i suoni sottostanti mediante la tecnica
del “legato”, precedentemente esposta. Verrà inoltre realizzato un movimento
contenuto, agile ed elastico del polso per evidenziare il passaggio tra una frase e
l’altra. Ai fini di una migliore esecuzione del “fraseggio” è importante
imparare ad osservare il proprio respiro e percepire ogni parte del corpo interessata
all’interpretazione. Fondamentale diviene, nella pratica, abituare l’allievo a
leggere cantando i brani da eseguire, considerandone il reale andamento ritmico-agogico.
I segni dinamici indicati dall’autore [ “piano” (p),
“mezzoforte” (mf), “crescendo” (<), “diminuendo” (>) ], saranno osservati dal
discente al fine di produrre in maniera consapevole il suono nelle sue molteplici
sfumature dinamiche, timbriche e d’articolazione. Egli sarà così indotto ad
affrontare con naturalezza il problema del tocco pianistico.
Spesso i ragazzi tendono a premere energicamente il tasto per evidenziare la melodia, ma
più si forza e meno espressivo risulterà il suono. Alcune volte mirano ad usare la
spalla, il braccio o il polso per suonare più forte, ma ciò rallenterà inevitabilmente
l’azione e di conseguenza sarà più difficile riuscire a controllare l’evento
sonoro. In verità il brutto suono che ne consegue è dovuto al fatto che le vibrazioni
delle corde sono immediatamente soffocate e distorte dal feltro, che impedisce loro di
espandersi liberamente. Di conseguenza sarà necessario che lo studente acquisisca la
capacità di distinguere consapevolmente le sfumature timbriche del suono ottenuto. Questa
abilità, che non dipende da una soglia percettiva, può essere definita come
un’attitudine che di norma si sviluppa con lo studio che, se correttamente impostato,
porta ad un continuo affinamento della sensibilità musicale. Bisogna perciò stimolare
l’allievo all’ascolto, che sia soprattutto dal vivo, del repertorio musicale in
genere e non solo di quello riguardante il proprio strumento. Egli deve essere anche in
grado di suonare mettendosi costantemente all’ascolto, ma altresì di ascoltare come
se fosse lui stesso a suonare. Non possiamo certo dimenticare che ascoltare musica in
determinate condizioni apporta miglioramenti in vari ambiti soprattutto a livello di
capacità d’espressione e comunicazione di sé.
Lo studente imparerà inoltre ad usare i pedali prescelti dall’autore (Fig. 4):
quello del “piano” (1C.) posizionato a sinistra e quello del “forte”,
detto anche di “risonanza” (indicato con delle graffette di sotto il basso),
posizionato a destra.

Figura 4. Ultimo rigo del Preludio
Con l’uso del primo (abbassandolo in corrispondenza dell’indicazione
“1C.” ed alzandolo quando appare la sigla “3C.”) si otterrà una
riduzione di sonorità, l’articolazione delle dita avrà bisogno di meno attacco e le
frasi saranno più scorrevoli. L’impiego controllato del pedale di destra sarà
indispensabile per dare ampiezza all’esecuzione, per sostenere le armonie simili e
per produrre l'illusione dei suoni prolungati e rinforzati. Esso permetterà alle corde di
continuare a vibrare anche quando l’esecutore avrà alzato le dita dai tasti; ecco
perché il suo uso smodato può determinare una sonorità confusa e fastidiosa che spesso
è evidente nell’esecuzione dei dilettanti. E’ possibile usarlo in battere o in
levare, ma di solito si usa in levare. Spesso è utilizzato in battere sui finali e quando
ci sono delle pause da rispettare. Il principio del pedale usato in levare è questo:
quando c’è il pedale non c’è il tasto e quando c’è il tasto non
c’è il pedale. Il piede verrà sollevato morbidamente sull’entrata della prima
nota del cambio armonico e riabbassato quando la nota è in fase di uscita; in questo modo
non si creerà un vuoto di suono. Il piede dovrà inoltre trovarsi a proprio agio nella
posizione di “non azione” del pedale, in altre parole con la punta sollevata ed
il tallone appoggiato a terra.
Le due “corone” presenti nell’ultima battuta concorreranno al conseguimento
del “rallentando” finale, che verrà dosato secondo il gusto dell’esecutore
(Fig. 4).
L’Elegia (Andantino malinconico) presenta in determinate battute un problema
d’estensione dei suoni (Fig. 5), sia per la mano destra che per la mano sinistra,
relativamente ampia per essere affrontata dalla mano di un ragazzo di undici anni.

Figura 5. Terzo rigo dell'Elegia
La questione è soggettiva, ma sicuramente nella maggior parte dei casi penso che sia
necessario adottare una diteggiatura più confacente alle esigenze della mano, per darle
la possibilità di raggiungere i tasti nel modo più naturale possibile (evitando così lo
stiramento della fascia muscolare interessata), indispensabile anche alla produzione di un
suono qualitativamente valido.
La scrittura inoltre evidenzia la presenza di figure ritmiche semplici come: semibrevi,
minime e semiminime, talvolta unite da legature di valore (Fig. 6), che possono consentire
all’allievo l’applicazione della regola già appresa a livello teorico.

Figura 6. Quarto rigo dell'Elegia
Il tema affidato alla mano destra (Fig. 7), dal carattere dolente, verrà eseguito con
molta espressione secondo il volere dell’autore manifestato nella prima battuta.

Figura 7. Primo rigo dell'Elegia
Per realizzare un simile «cantabile»(3) lo studente dovrà porre attenzione
all’elaborazione del tocco adatto. Sarà opportuno ridurre il più possibile
l’articolazione delle dita, che rimarranno aderenti ai tasti per dosare meglio le
sonorità. Si userà il tocco del “legatissimo” per il quale si dovrà tenere
basso il tasto anche un attimo dopo aver prodotto il suono successivo.
Più precisamente, quando si parla di tocco bisogna intendere quella capacità del
pianista di trasformare in emozioni le sue intenzioni musicali e di ottenere, per così
dire, un bel suono dal pianoforte. Lo studente dovrà riuscire a dominare il prodotto
sonoro attraverso il controllo del martelletto ed il momento in cui questo ultimo
percuoterà la corda. E’ chiaro che dopo questa azione non sarà più possibile
nessuna modifica del suono. Inoltre si metterà nella condizione di poter lanciare molto
velocemente il martelletto sulla corda, cosa che non è possibile se vi sono risentimenti
o rigidezze muscolari che impediscono alle dita di compiere quel movimento capace di dare
al tasto, e di conseguenza al martelletto, quella velocità necessaria per percuotere la
corda in modo corretto. Il lancio del dito dovrà essere il più rapido possibile e
considerevolmente limitato nell’ampiezza, perché altrimenti, diventando
articolazione, andrebbe ad impegnare in modo errato la muscolatura interessata dal
movimento stesso. Questo procedimento, in fase di studio, va preparato con uno stato
d’intensa concentrazione che lo renda possibile ed efficace, seguito da un momento di
riposo durante il quale bisognerà imparare bene ad eliminare ogni possibile tensione
residua. La prassi appena enunciata potrà essere eseguita soltanto applicando la tecnica
dell’appoggio.
L’alunno deve altresì trovarsi in condizioni d’assoluta tranquillità mentale e
fisica per ottenere quella libertà creativa che facilita moltissimo l’atto
interpretativo, facendolo diventare uno speciale momento d’espressione e
comunicazione.
Sostengo con convinzione che ogni allievo deve trovare in sé stesso quelle soluzioni
posturali e dinamiche che ottimizzino il funzionamento del suo sistema neuro-muscolare.
L’insegnante avrà allora il compito di guidare e supportare l’alunno in questa
sua ricerca, finalizzata ad individuare le modalità che potranno portare al miglior
risultato con il minore sforzo.
In questo brano, come nel Preludio, incontriamo: diversi segni di dinamica,
indicazioni riguardanti l’uso dei pedali, variazioni d’andamento, note alterate,
figure unite dalla legatura di valore ed anche una corona posizionata sopra l’ultima
nota.
Nella penultima battuta troviamo scritto, vicino al “rall. molto”, la parola
“perdendosi” (Fig. 8).

Figura 8. Finale dell'Elegia
Con questa indicazione Calligaris invita l’interprete ad eseguire le ultime note
come se dovesse simulare la dissolvenza di un’immagine. Tutto ciò sarà utile per lo
sviluppo dell’immaginazione e dello spirito creativo del discente.
NOTE:
(1) MALWINE BRÉE, The Leschetizky Method. A Guide to Fine and Correct Piano Playing,
Mineola, New York, Dover Publications, 1997, p. 5. (2) Ibidem (3) Cantabile è un
termine usato come indicazione espressiva di un brano o passo sia vocale che strumentale.
In tal caso il brano o il passo devono essere interpretati con un certo abbandono alla
melodia e, se il pezzo è strumentale, come se fosse cantato.


